Oggi siamo tutti abituati a comunicare tramite email. Le lettere sono ormai un lontano ricordo della generazione dei quarantenni e dei loro genitori. Nell’era della globalizzazione, la comunicazione ha il tempo di un click sul computer, e l’attesa di giorni e a volte di mesi, i nostri figli non sanno neanche immaginarla.
La storia di Emanuela inizia proprio con una mail. Quella che però fa la differenza tra la vita e la morte, e quel fatidico click rappresenta la salvezza di una bambina di 36 giorni.
Emanuela nasce in Grecia con una grave patologia, l’atresia delle vie biliari che, nelle forme più gravi, necessita di un trapianto di fegato urgente. In Grecia non sono preparati per la trapiantologia d’organo e i medici ad Antoneta, la madre di Emanuela, dicono che per la bambina non c’è niente da fare.
Poi qualcuno ha una intuizione: il centro trapianti greco ha un accordo con il Centro Nazionale Trapianti italiano e già ha permesso il trasferimento di tanti pazienti al Bambino Gesù.
Così viene inviata la richiesta di trasferimento e tempo qualche ora i medici dell’Ospedale Bambino Gesù rispondono con il fatidico click: Emanuela può essere trasferita a Roma. La bambina arriva in urgenza, in condizioni gravissime. Viene ricoverata in Rianimazione e sottoposta al trapianto epatico.
Poi la lenta ripresa. Mamma Antoneta piange nel ricordare quei giorni, terribili ma pieni di speranza.
Gli chiediamo di raccontarci di Emanuela e, con gli occhi che brillano, ci descrive una bambina vivace, piena di vita, che balla quando sente suonare la musica, ride e prova a muovere i primi passi. Durante il ricovero della piccola in Rianimazione, Antoneta è stata ospitata nella casa accoglienza delle suore Francescane del Libano e anche dopo la dimissione continuerà a essere accolta in una delle case di accoglienza dell’Ospedale.
3/11/2022